giovedì 17 marzo 2011

FAVOLE

Oggi mi va così. Mi sono concesso la lettura di due quotidiani, roba di lusso, raramente é festa e oggi non ci sono impegni. Anche i supermercati sono chiusi e dunque non si fa neppure la spesa. Magari oggi riesco a mettermi a tavola normalmente e mangiare a mezzogiorno come i muratori. Anche questa é roba di lusso. I giornali, che c'entrano.....Mi hanno fatto ricordare quando ero bambino millanta anni fa, e i giorni di festa si andava a trovare la nonna in campagna. Si andava in bicicletta dalla città. Moltissimi andavano in bicicletta, e si doveva stare al bordo della strada, nel sentiero ghiaiato perché potevano passare delle auto (potevano, non é detto che passassero davvero) A me piaceva guardare la stalla, ma in particolare il via vai delle formiche lungo il muro. C'erano formiche piccole e formiconi grossi, un andare e venire frenetico, tipo metropolitana di Tokio. Sfilavano in due file, una a destra discendente, l'altra a sinistra ascendente. I bimbi sono anche sadici e talvolta mi divertivo a obbligarle a incrociarsi e ne uscivano delle lotte furibonde. Se poi si aveva la fortuna di trovare un nido di formiche rosse allora la battaglia era sicura e cruenta. Anche nelle formiche il colore della pelle conta. La stalla era classica, odorosa, con la concimaia fuori (da noi si dice la MASSA,)Preciso che MASSA rappresenta un parlare forbito perché solitamente in dialetto si diceva ALDAMERA = letamaio. Quando mi sentivo ardimentoso salivo sulla massa lungo l'asse di legno che il contadino percorreva con la carriola del letame, ed era una operazione che richiedeva un certo equilibrio. La massa era comunque un luogo di rispetto. Lì c'era il prezioso concime ma a volte era anche di più. Mi raccontava un vecchio contadino (magari allora aveva l'età che ho io oggi e anche meno) che una volta dopo un pranzo matrimoniale esagerato (allora i pranzi robusti si facevano solo talvolta) ebbe una congestione intestinale, e allora scavarono un buco nella massa e lo seppellirono fino al petto all'insegna del - o la va o la spacca - il calore avrebbe guarito. E così fu. Una volta quel vecchio per guarire la zampa di una gallina mi insegnò a prendere una ragnatela, la più pulita possibile, dalla parete della stalla, e avvolgerla attorno alla zampa ferita, come una benda. La cosa funzionava. Prima però era opportuno pisciare sulla ferita (orinare in campagna non si sapeva neppure cosa volesse dire) per disinfettare. Poi c'era il cesso - i più eruditi e raffinati avevano disegnato la cifra 00 sulla porta. Quello si era un problema. Se si doveva solo pisciare andava bene, si poteva fare ovunque, almeno i maschi. Le ragazzine avevano qualche problema in più anche se le vecchie insegnavano a farla in piedi in campagna grazie alle sottane molto lunghe. Ma se scappava qualcosa di più solido e si voleva andare allo 00, ci si trovava in una sgabuzzino esterno alla casa con una sola o max due assi di legno sulle quali ci si doveva accovacciare. Ovviamente nessuna catenella di acqua da tirare, andava tutto nella massa. E quì subentrano i giornali, a pezzi quadrati, infilati in un gancio, belli ricchi di stampa nera che conferiva alle natiche la prova indiscutibile dell'avvenuta bisogna. La domanda però che mi é sempre rimasta sospesa é la seguente "ma i contadini che raramente leggevano giornali, da dove la prendevano quella carta??" Mah! non ho mai chiesto. Favole per i ragazzi di oggi.

6 commenti:

Anna De Simone ha detto...

mi considero una "ragazza di oggi", mio padre è un apicoltore come mio nonno prima di lui, mio nonno però, prima di diventarlo era un "semplice" contadino. Me ne raccontava di "favole" e ho potuto vedere anche gli 00, la casa di mio nonno è ormai un rudere ma intatta... conserva tutti i "confort" di quei tempi, tra questi anche un wc, come da te descritto dislocato all'esterno della casa... casa poi?!? un letto e una cucina con il vecchio forno... tutti in un solo locale. sotto c'era la cantina per il vino e solo dopo qualche anno ci costruirono un'altra camera... quello sì che era lusso per quei tempi.
L'apicoltura consentì a mio nonno di viaggiare: australia, brasile, california e... bielorussia, nel 1988. Mio nonno tornò dalla bielorussia malato di leucemia e morì nel 94; purtroppo non ho avuto il tempo di chiedergli dove prendevano la carta stampa anche se... spesso mio nonno diceva di utilizzare la carta che faceva da involucro alle carrube per i conigli e i cavalli....

Unknown ha detto...

Un bel racconto, 'tangibile e odoroso'.
Hai ragione,dove li prendevano i giornali? Se non erro,ci avvolgevano pure le uova. Che fosse uno scambio merci col giornalaio?
Cristiana

Il Mondo Capovolto ha detto...

Non so perchè ma questo tuo racconto mi ha fatto venire in mente un mio ricordo del passato. Ovvero la domenica, quando ero piccola, mio nonno mi portava con sè a comprare il giornale e a me regalava sempre il fumetto "Topolino", che mi piaceva tanto :) Solo che avrei dovuto chiedere ai miei bisnonni da dove prendevano i giornali, dato che ho avuto la fortuna di conoscerli molto bene :)

Krilù ha detto...

Sono nata in campagna, dove ho vissuto fino a 15 anni, e dunque questi tuoi ricordi sono anche i miei ricordi. Compreso il giornale, diligentemente tagliato in riquadri infilzati in un gancio dentro la latrina. Un dilemma, quello della provenienza della carta di giornale che, sul tuo esempio, mi sto ponendo anch'io, visto che l'edicola più vicina distava dal mio paese una decina di chilometri. Però, frugando fra i ricordi, rammento che ogni domenica ci veniva recapitato a casa un quotidiano: ... chissà se era sufficiente quello per le necessità settimanali? :))

Soffio ha detto...

Con il passare degli anni, miei, e ascoltando il passare degli anni altrui, mi sono sempre più convinto che é buona cosa chiedere a chi ci precede, cosa hanno fatto, perché, come mai, e, persino cosa hanno provato (tutta roba difficile). Se non lo facciamo, e spessissimo non lo facciamo per tanti motivi, arriva il giorno incui lo vorremmo sapere ma non possiamo più. Chi oggi é genitore lo ricordi

viola ha detto...

Come hai ragione. Mio padre era classe 1914, era fuggito ai tedeschi, era stato Fuori Italia sotto falso nome...Praticamente il suo servizio militare durò 7 anni. Volevo sempre chiedergli che mi raccontasse cronologicamente e logisticamente cosa fosse successo, ma ero giovane e mi pareva ci fosse un sacco di tempo. Poi lui se ne è andato e tutto è rimasto un mistero. Ma mi ricordo i quadratini di giornale, la stalla, dove in inverno mio padre costruiva delle scope di saggina, e quella che noi chiamavamo l'AGLIAMERA. Altri tempi, altre realtà.
P.S. Domani sarà il tuo onomastico. AUGURI !!!!