lunedì 19 aprile 2010

credere nell'uomo, sperare nel futuro

Quanto è presuntuoso parlare della morte, credo non se ne possa parlare, magari con la mediazione di filosofia e religione, ma sempre nella consapevolezza di trovarci di fronte ad un evento individuale che l’altro, il morente, sente in modo individuale….
Si dice che la paura della morte è come una valle da attraversare nel viaggio a ritroso nella nostra fanciullezza, che tocca la battaglia ingaggiata per dimostrare a noi stessi che siamo degni d’amore.
Jung scrive “ciò che accade nell’ora segreta del mezzogiorno della vita è l’inversione della parabola, è la nascita della morte”.
Pare che l’inconscio sia relativamente preoccupato della morte, più interessato al modo, alla nostra preparazione.
I sogni possono anticipare il prepararsi di questo evento, nella mia esperienza terapeutica ho avuto la possibilità di riscontrare ciò che la letteratura psicologica riporta, ed ho sempre ascoltato con rispettosa attenzione quanto mi veniva comunicato, osservando che le persone, ormai prossime alla morte, sembrava non chiedessero spiegazioni quanto un ascolto autentico. Ciò invita ancor più a muoversi verso un percorso di individuazione, una presa di contatto consapevole con la propria centralità interiore, occorre volgersi verso l’oscurità per cercare di scoprire il segreto e ciò che esso pretende da noi.

1 commento:

rosso vermiglio ha detto...

Un argomento molto interessante. Concordo sul fatto che la morte sia vissuta da ognuno in modo del tutto personale, per cui teorizzare diventa ardito. L'ascolto aiuta sicuramente a comprendere l'intimo di quei delicati momenti. E comunque l'ascolto è sempre l'approccio migliore per avvicinarci alle persone. Sempre.